A partire dal prossimo 1° gennaio 2022, sarà ridotto da 1.999,99 a € 999,99 il limite per l’effettuazione dei pagamenti in contanti a qualsiasi titolo tra soggetti diversi (articolo 49, c. 1, del D. Lgs. n. 231/2007).
Con l’inizio del nuovo anno, quindi, i trasferimenti per importi superiori a € 999,99 dovranno essere obbligatoriamente effettuati ricorrendo a banche, Poste italiane S.p.a., istituti di moneta elettronica e istituti di pagamento.
Le novità in questione allineano la disciplina relativa all’utilizzo del contante a quella prevista per gli assegni bancari, postali e circolari, che possono essere emessi o richiesti per importi pari o superiori a € 1.000 solo indicando il nome o la ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità.
L’obiettivo della normativa in questione è quello di contrastare le operazioni di riciclaggio e autoriciclaggio di denaro proveniente da attività illecite e finalizzato al finanziamento di attività terroristiche.
Inoltre e sempre con decorrenza dal prossimo 1° gennaio 2022 variano le sanzioni applicabili in caso di violazione del divieto, con diverse conseguenze a seconda che la violazione riguardi il soggetto che è parte attiva nella transazione (consegnando o ricevendo la somma collegata alla transazione) o, invece, il soggetto titolare dell’obbligo di segnalazione dell’operazione sospetta (liberi professionisti, banche, agenti immobiliari, ecc.).
Il divieto di pagamenti in contanti “sopra soglia” (€ 999,99, a partire dal 1° gennaio 2022) si riferisce al trasferimento di denaro contante (e di titoli al portatore) effettuato per qualsiasi causa o titolo e tra soggetti diversi (persone fisiche o giuridiche).
Con le parole “soggetti diversi” il legislatore vuol far riferimento ad entità giuridiche distinte (si pensi, ad es., ai trasferimenti intercorsi tra due società, o tra il socio e la società di cui questi fa parte, o tra società controllata e società controllante, o tra legale rappresentante e socio o tra due società aventi lo stesso amministratore, o ancora tra una ditta individuale ed una società, nelle quali le figure del titolare e del rappresentante legale coincidono, per acquisti o vendite, per prestazioni di servizi, per acquisti a titolo di conferimento di capitale, o di pagamento dei dividendi).
Inoltre, va evidenziato che – con il superamento della soglia di legge – la violazione coinvolge entrambi i soggetti interessati dal trasferimento. Non solo, quindi, il soggetto che effettua la dazione di denaro ma anche quello che lo riceve, in quanto con il suo comportamento ha contribuito ad eludere e vanificare il fine della legge.
L’artificioso frazionamento dei pagamenti per eludere il divieto
Il limite all’utilizzo del denaro contante, quale che ne sia la causa o il titolo, vale anche quando il trasferimento sia effettuato con più pagamenti inferiori alla soglia che appaiono artificiosamente frazionati.
Per “operazione frazionata” si intende un’operazione unitaria sotto il profilo economico, di valore pari o superiore al limite di € 999,99, posta in essere attraverso più operazioni, singolarmente inferiori ai predetti limiti, effettuate in momenti diversi ed in un circoscritto periodo di tempo fissato in 7 giorni, ferma restando la sussistenza dell’operazione frazionata quando ricorrano elementi per ritenerla tale.
Le vendite con pagamenti a rate e la prassi commerciale
Il trasferimento frazionato tra soggetti privati di importi complessivamente pari o superiori alla soglia consentito è ammesso esclusivamente nel caso in cui il suddetto frazionamento sia previsto da prassi commerciali ovvero sia conseguenza della libertà contrattuale (ad esempio, vendite a rate) e non, invece, artificiosamente realizzato per dissimulare il passaggio di somme ingenti in contanti.
In questo senso si era espresso anche il Ministero dell’Economia e delle Finanze con la circolare n. 2/2021, in cui era stato chiarito che se la suddivisione di un importo pari o superiore alla soglia dipende da contratti stipulati tra le parti di cui si possa avere contezza o prova e che prevedano ad esempio rateazioni o somministrazioni, diviene possibile interpretare la molteplicità dei trasferimenti come prassi commerciale e non elusione della normativa.
L’ammissibilità di tale operatività è stata confermata anche dal Dipartimento del Tesoro (v. FAQ n. 9, pubblicata il 3.10.2017).
I prelievi e/o versamenti in contanti
Le operazioni di prelievo e/o di versamento di contante superiori ai limiti non concretizzano automaticamente una violazione (si veda in tal senso la FAQ n. 10 del Dipartimento del Tesoro, pubblicata il 3.10.2017), trattandosi di operatività non configurabile come trasferimento tra soggetti diversi.
Tuttavia, secondo quanto stabilito dall’articolo 35, c. 1, terzo periodo, del D. Lgs. n. 231/2007, il ricorso frequente o ingiustificato ad operazioni in contante, anche se non eccedenti la soglia massima di legge, e – in particolare – il prelievo o il versamento in contante di importi non coerenti con il profilo di rischio del cliente, costituisce elemento di sospetto.
I pagamenti di stipendi e retribuzioni
Va ricordato che, a partire dal 1° luglio 2018, i datori di lavoro o committenti sono obbligati a corrispondere ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi:
· bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
· strumenti di pagamento elettronico;
· pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
· emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.
I datori di lavoro o committenti non possono corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato (per rapporto di lavoro si intende ogni rapporto di lavoro subordinato, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto, nonché ogni rapporto di lavoro originato da contratti di collaborazione coordinata e continuativa e dai contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci).
Al datore di lavoro o committente che viola l’obbligo in questione si applica la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da € 1.000 a € 5.000.
Le sanzioni applicabili in caso di violazione del divieto di pagamento in contanti
Sul piano sanzionatorio si ricorda che, fatta salva l’efficacia dei trasferimenti posti in essere, alle violazioni consistenti nel pagamento in contanti al di sopra della soglia di legge si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da € 3.000 a € 50.000.
Inoltre, in caso di importi trasferiti in contanti per un ammontare superiore a € 250.000, la sanzione è quintuplicata nel minimo e nel massimo edittali (da € 15.000 a € 250.000).
Per le violazioni che saranno commesse e contestate a decorrere dal 1° gennaio 2022, la sanzione minima edittale sarà abbassata a € 1.000.
Con riferimento, invece, ai soggetti che nell’esercizio delle proprie funzioni o nell’espletamento della propria attività hanno notizia di infrazioni alla normativa sui pagamenti in contanti, la sanzione applicabile in capo a questi ultimi per la mancata comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze è di tipo amministrativo-pecuniario e varia da € 3.000 a € 15.000.