Per comprare e vendere casa in sicurezza, evitando sgradite sorprese, capita spesso di affidarsi a un professionista, anche allo scopo di raggiungere un accordo commerciale vantaggioso per entrambe le parti.
Il professionista che conduce le parti alla ricerca del punto di interesse comune è noto come mediatore, figura che opera in diversi settori, incluso quello immobiliare. La mediazione si sostanzia in quell’attività che avvicina le parti interessate alla conclusione di un affare, offrendo loro la possibilità di relazionarsi.
Sono gli agenti immobiliari a svolgere l’attività di mediazione volta alla conclusione di affari relativi a immobili ed aziende. Attività che richiede anche degli oneri, legati alla riuscita o meno dell’affare. Ecco come funziona.
Il rapporto di mediazione
Secondo quanto previsto dal codice civile (art. 1754 c.c.), il mediatore è quel soggetto che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza. Per lo svolgimento dell’attività di mediazione, la legge prevede il necessario possesso di una serie di requisiti di idoneità, sia morali che professionali.
Ai fini della configurabilità del rapporto di mediazione, non si ritiene necessaria l’esistenza di un preventivo conferimento di incarico per la ricerca di un acquirente o di un venditore, ma è sufficiente che la parte abbia accettato l’attività del mediatore avvantaggiandosene (cfr. Cass. n. 11656/2018).
Il rapporto di mediazione, inteso come interposizione neutrale tra due o più persone per agevolare la conclusione di un determinato affare, non postula, dunque, necessariamente un preventivo accordo delle parti sulla persona del mediatore, ma è configurabile pure in relazione a una materiale attività intermediatrice che i contraenti accettano anche soltanto tacitamente, utilizzandone i risultati ai fini della stipula del contratto.
Ciò significa che, ove il rapporto di mediazione sia sorto per incarico di una delle parti, ma abbia avuto poi l’acquiescenza dell’altra, quest’ultima resta del pari vincolata verso il mediatore (cfr. Cass. n. 21737/2010).
L’attività del mediatore e la provvigione
Il rapporto di mediazione si fonda dunque sull’espletamento di un’attività da parte del mediatore, consistente nel rendere possibile, grazie al suo intervento, l’avvicinamento delle parti interessate alla conclusione dell’affare, mettendole in relazione tra loro. Pertanto, per attività di mediazione deve intendersi il materiale contatto tra mediatore e acquirente, ma anche tutta l’attività che precede e segue la visita dell’immobile.
L’attività di mediazione è esercitata in vista di un compenso, noto come “provvigione”. L’art. 1755 c.c. precisa che il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento.
Di norma, la misura della provvigione è determinata dalle parti in relazione al volume dell’affare concluso, ovvero in percentuale sul valore della compravendita. L’art. 1755 c.c. precisa che, in mancanza di patto, di tariffe professionali o di usi, la misura della provvigione e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti sono determinate dal giudice secondo equità.
Quando spetta la provvigione
L’art. 1755 c.c. precisa che, in mancanza di patto, di tariffe professionali o di usi, la misura della provvigione e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti sono determinate dal giudice secondo equità.
Il diritto alla provvigione, come si desume dalla lettura codicistica, presuppone la conclusione dell’affare, ovvero di qualsiasi operazione economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti e che costituisca un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per il rispetto del vincolo.
Pertanto, anche se le parti sono libere di concludere o meno l’affare, in caso positivo il mediatore avrà diritto a un compenso se il suo intervento è stato rilevante, ovvero tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice. E a tal fine, non è necessario che vi sia stato l’intervento attivo del mediatore in tutte le fasi delle trattative.
In pratica, secondo costante giurisprudenza non è necessario che tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare sussista un nesso eziologico diretto ed esclusivo, essendo viceversa sufficiente che, anche in presenza di un processo di formazione della volontà delle parti complesso ed articolato nel tempo, la “messa in relazione” delle stesse costituisca l’antecedente indispensabile per pervenire, attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione del contratto (cfr. Cass., sent. n. 21712/2019)
Il diritto del mediatore alla provvigione si configura, quindi, tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice. A tal fine, non è necessario che vi sia stato l’intervento attivo del mediatore in tutte le fasi delle trattative.